Nel 1981, ero molto giovane, andai a lavorare in Germania nel ristorante dei miei fratelli. Erano i tempi dei film di Bruce Lee e del Kung Fu e fui catturato da queste figure quasi "mitiche" che dimostravano lealtà, forza, capacità, intuizione. Mi iscrissi ad una scuola dove si praticavano arti miste: Judo, Karate e Jujutsu. Si lavorava sulla capacità di cadere. Era tutto un po' un "blend" di queste discipline e pratiche. Oggi verrebbero definite MMA (Arti Marziali Esterne). A quel tempo non conoscevo la differenza, ignoravo questa materia e in più non era facile comprendere e comunicare perché non conoscevo bene il tedesco.
In palestra le regole (in tedesco) le imparai velocemente. Già i tedeschi sono "rigidi" di loro e le arti marziali che praticavo mi diedero il resto: lealtà, rispetto, puntualità, determinazione e poi soprattutto quella voglia di lavorare bene e con il massimo impegno. Andavo a dormire alle 2 di notte (dopo il lavoro al ristorante) e mi alzavo alla mattina alle 7.30 per andare in palestra ad allenarmi; questo a 15 anni non è proprio da tutti. Il più delle mattine ero talmente addormentato che il maestro mi faceva fare del combattimento di Judo a terra per svegliare me e gli altri ragazzi!
Ho praticato per tanti anni in Germania conseguendo la cintura nera fino al rientro in Italia quando incontro un ragazzo in banca (Albertino) con il quale c'eravamo già conosciuti perché avevamo praticato Karate assieme qualche anno prima. Mi racconta del Tai Chi al quale lui si è avvicinato e mi incuriosisce tanto che mi iscrivo anch'io al corso e inizio a praticare con questo gruppo di ragazzi e ragazze.
In palestra mi rendo conto che ho già una "capacità" di movimento grazie a ciò che ho imparato negli anni, ma non di "quel" movimento.
Io provenivo dalla scuola dell'arte più "dura", il Karate, ma anche dal Jujutsu che invece è molto morbido, del Judo, lasciare andare e saper interpretare l'avversario. In parte sono partito avvantaggiato nell'iniziare a praticare Tai Chi perché sono entrato in questa pratica con una certa facilità.
Ho coltivato la pratica del Tai Chi che pratico tuttora con diversi Maestri e per diversi anni.
Le arti marziali che ho praticato quando ero all'estero erano arti più di combattimento, arti "esterne". Si partiva infatti da una costruzione del corpo: fisicità per arrivare ad essere veloci, rapidi, scattanti. Allenamento prettamente fisico dove l'aspetto "spirituale" era -per così dire- meno importante.
Nel Tai Chi ho scoperto invece che è precisamente il contrario: si parte da un "ascolto" del proprio interno per sviluppare poi tutti i movimenti che escono in maniera quasi naturale. I movimenti esterni sono un riflesso di ciò che c'è all'interno. La fisicità del corpo collegata all'energia (cuore) e spirito (che è un po' la mente).
Cuore, mente e corpo un tutt'uno. In ogni movimento del Tai Chi c'è tutto.
Ricordo ancora la prima lezione di Tai Chi, il maestro disse: "ascolta il tuo corpo" e io lì per lì ho pensato che non era normale tutto ciò. Solo dopo ho capito cosa significa ascoltare il proprio corpo. Ricordo anche la prima lezione dove mi misero a fare 50 flessioni, 50 alzate, 50 calci che non sapevo fare. La grande differenza è che con il Tai Chi si parte da un concetto totalmente diverso.
Tornando indietro, penso a mio papà e a ciò che mi ha trasmesso. Impegnarsi ed essere costanti. Io ero abituato a questo, erano regole che avevo imparato fuori dalla pratica e ho scoperto che le regole applicate alla vita erano le stesse delle regole applicate alla pratica. Il Tai Chi è precisamente questo. Ciò che fai in palestra dovresti fare anche fuori. Il concetto è lo stesso, cambia solo il momento in cui pratichi.
Io faccio il ristoratore da anni, affrontare un cliente maldestro o affrontare un cliente gentile è comunque fare Tai Chi. Ogni persona va affrontata cercando di fare bene, mai essere aggressivo. Chi colpisce, chi attacca ha già perso in partenza. Riuscire a vincere senza attaccare è la vera vittoria.