Le arti marziali sono entrate a far parte della mia vita sin da bambina, per caso. Vicino casa mia era stata inaugurata una palestra dove si praticava il Taekwondo e, dal momento che avevo qualche problema di postura, i miei genitori decisero di iscrivermi.
Da lì, non mi sono più fermata.
Lasciato il mio percorso nel Taekwondo, sono passata allo studio del Tai Ji Quan, in seguito del Kung Fu e poi anche di discipline energetiche ed evolutive, che mi hanno fatto scoprire il mio lato da ricercatrice.
Benché sia giovane, ho trascorso gran parte della mia vita nel mondo marziale e quindi voglio parlare della mia esperienza in questo campo, soffermandomi sulle emozioni, le soddisfazioni e le difficoltà che una donna (io in primis) può vivere in questo ambito, da sempre considerato maschile.
Nella mia carriera ho avuto modo di frequentare diversi gruppi di pratica e dopo un’analisi generale, posso dire che le donne che praticano arti marziali sono sempre in numero minore rispetto agli uomini. Soprattutto se si parla di insegnanti.
Donne e arti marziali
È difficile trovare una Maestra che insegni un’arte marziale, fatta eccezione per quelle considerate femminili, uno sport da combattimento o che sia una preparatrice atletica, per esempio di Boxe.
Devo dire che con gli anni la situazione è migliorata, ma credo che ci sia ancora molto da fare.
Spesso mi sono chiesta perché le donne fanno fatica ad affermarsi in questo campo. Probabilmente, si sentono inadeguate a rivolgersi ad un pubblico in maggioranza maschile.
Per retaggi culturali, per educazione o per indole (indotta, oserei dire), una donna non sempre è in grado di tirare fuori il suo lato guerriero. È molto facile trovare donne che non hanno mai tirato al sacco e che non sappiano minimamente come farlo.
Ciò che mi balza più agli occhi durante una lezione, per esempio, è quando si decide di passare alla parte tosta: una donna che colpisce per la prima volta, alla fine è come se avesse fatto una nuova esperienza, incredula di fronte al suo potenziale di lottatrice.
Ricordo che tempo fa, mentre preparavo un esame di linguistica all’Università, in un testo, veniva spiegato come le donne parlino in maniera indiretta, utilizzando un linguaggio pieno di tentennamenti, caratterizzato dal frequente uso di intercalari come probabilmente, forse, un po’, come se avessero timore di esprimere con determinazione un concetto, anche essendone pienamente padrone.
Ma come mai accade questo? Semplicemente per il motivo che dicevo prima: non siamo educate ad affrontare in modo diretto la vita (salvo in alcuni casi). Siamo indirizzate verso la remissione, la cedevolezza, la comprensione
Attenzione: non che questi ultimi siano atteggiamenti sbagliati, ma come mi insegnano le arti marziali, bisogna imparare a lavorare su tutti gli aspetti della propria personalità. Per esempio, un’eccessiva aggressività va mitigata, ma anche un’estrema arrendevolezza va riequilibrata.
Quando serve bisogna cedere, ma quando necessario si va allo scontro.
E le donne non hanno niente di meno rispetto agli uomini. È innegabile che la nostra genetica sia diversa, ma dentro il potenziale è esattamente lo stesso.
La quasi totalità delle praticanti si avvicina al mondo marziale con l’intento di imparare a difendersi. In effetti la visione e la conoscenza che si hanno di queste discipline sono parecchio limitate. Difficilmente un genitore ti invoglia a praticare un’arte marziale se sei una bambina, se non appunto, per imparare a difenderti. E le bambine che praticano spesso vengono bollate come maschiacci. Tante volte mi è capitato che addirittura qualcuno insinuasse che sarei diventata aggressiva o poco femminile.
Determinazione ed equilibrio
Al di là di questo aspetto, ho la certezza che ogni donna che intraprende sul serio un percorso, lo fa perché è consapevole delle sue scelte. Perché, come insegnano le arti marziali autentiche, è fortemente riduttivo, se non addirittura sbagliato, considerare la sola forza muscolare come il requisito fondamentale per essere un abile marzialista.
La forza d’animo, la sensibilità, la capacità di mettersi in gioco, di lavorare sulle emozioni e rimanere lucidi di fronte alle difficoltà, applicarsi per superare i propri limiti sono qualità necessarie per un praticante. Le arti marziali vere scavano a fondo, ci mettono davanti alle nostre debolezze. E lì non c’è muscolo che tenga.
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